Partigiani sardi caduti in Piemonte -1-

Ossario di Forno di Coazze (TO)

In questo elenco sono presenti i nomi dei partigiani sardi (o di origine sarda) caduti in Piemonte. Probabilmente non compaiono tutti i combattenti che persero la vita durante la Resistenza, ma soltanto quelli i cui nomi sono risultati dalle fonti online e cartacee consultate. La ricerca ha preso avvio dall’analisi dei nominativi inseriti nella banca dati del Partigianato Piemontese e, attraverso l’incrocio con altri dati, si è arrivati a ricostruire la biografia, più o meno dettagliata, delle varie vittime. In ogni scheda sono riportate le varie fonti di riferimento (le parole sottolineate riporteranno al link della pagina); laddove, nel nome, non siano presenti delle indicazioni specifiche, si dovrà fare riferimento alle note presenti a fondo pagina.

Le breve schede comprendono, di norma, i dati biografici essenziali e, ove possibile, la storia del partigiano e la causa della morte. Nel caso il lettore fosse a conoscenza di ulteriori dettagli, nei commenti alla pagina potrà integrare o chiedere di modificare eventuali inesattezze che, sicuramente, non mancheranno. Sarebbe molto interessante poter ampliare almeno le biografie più scarne, sarebbe un buon modo per ricordare le gesta di questi uomini che, nonostante il sacrificio, sono stati ingiustamente dimenticati.

Cognomi dalla A alla L

Barroccu Antonio nato a Ozieri il 22 gennaio 1915 (o il 23 novembre).
Di professione capomastro, giunse a Torino nel febbraio 1944 con un permesso di lavoro valido sei mesi ed entrò fin da subito nella formazione partigiana del 1° Settore S.A.P. (Squadre di azione patriottica). La mattina del 13 agosto 1944, verso le 8.30, Barroccu attentò alla vita di un ufficiale tedesco che restò illeso. Una pattuglia tedesca in servizio presso l’Albergo Nazionale, sede della Sipo/SD, lo inseguì e lo catturò in piazza Emanuele Filiberto (l’attuale piazza della Repubblica). I militari tornarono quindi verso la propria sede insieme al prigioniero; erano quasi giunti al Comando quando, improvvisamente, Barroccu tentò la fuga. Rimase ucciso in via XX settembre, all’altezza degli uffici della Società Italiana del Gas, ferito a morte dai colpi di arma da fuoco. Nella sparatoria, venne ferito alla schiena anche un passante, il sacerdote cinquantasettenne don Giorgio Formica. Il sacrificio di Barroccu viene ricordato nella lapide posta in via XX settembre a Torino e in una lastra commemorativa nel suo comune natale.

Caffiero Luigi nato a Cagliari il 1° febbraio 1922.
Studente, allievo ufficiale dell’Aeronautica, residente a Cagliari, durante il conflitto prestava servizio all’aeroporto di Caselle Torinese come aviere scelto marconista. Dopo lo sbandamento dell’esercito dovuto all’armistizio dell’8 settembre, trovò ospitalità presso una famiglia di Malanghero di San Maurizio (TO) e si iscrisse nelle formazioni partigiane nei primi giorni di gennaio del 1944. Dapprima fece parte della II divisione Garibaldi, poi delle formazioni Autonome militari e infine dell’VIII Divisione “Vall’Orco” sempre con il grado di vice comandante di brigata e con il nome di battaglia “Gino”. Venne catturato durante un rastrellamento a opera dei parà del Battaglione “Nembo” il 20 gennaio 1945, nella frazione di Malanghero. Luigi Caffiero, trovato armato, venne poi fucilato a Caselle Torinese il 31 gennaio 1945 (alcune fonti indicano la data del 1° febbraio) con altri 4 partigiani: Antonio Garbolino, Andrea Mensa, Adolfo Praiotto e Mario Tamietti. Vennero uccisi per rappresaglia, dopo l’uccisione del parà De Paoli avvenuta il 30 gennaio. Un’edicola commemorativa è oggi presente nel luogo in cui avvenne l’esecuzione, la piazza è intitolata ad Andrea Mensa.
Decorato di Medaglia d’argento con questa motivazione: “Combattente valoroso, catturato dal nemico, respinse lusinghe e minacce dirette a fargli rinnegare la propria fede. Condannato, dopo sevizie, alla fucilazione, mosse verso il plotone di esecuzione incitando i compagni a fiero contegno“. Caselle Torinese, 31 gennaio 1945.

Careddu Mario nato a Luras il 29 giugno 1921 (o il 9 giugno).
Nato da una famiglia di sugherai, lasciò la Sardegna per trasferirsi in Piemonte, ad Asti. Qui, all’inizio di aprile del 1944, entrò a far parte della IX Divisione d’Assalto Garibaldi “Alarico Imerito”, distaccamento Caracco, con il nome di battaglia “Diana”. Rimase ucciso il 28 agosto 1944 a San Marzano Oliveto, in Valle Belbo, durante i violenti scontri che si svolsero nella zona. Alla sua memoria sono state intitolate vie a Canelli, Asti e Luras.
Anche il fratello maggiore Pierino, imprenditore a Canelli (AT) nel campo della produzione di tappi in sughero, fece parte delle formazioni garibaldine, contribuendo alla lotta partigiana sino alla Liberazione.

Chiari Antonio nato a Sassari il 21 luglio 1905.
Residente a Narzole (CN), capitano dell’esercito nel 5° Reggimento Genio Zappatori, si trovava in servizio in Croazia prima dell’8 settembre. Dopo l’armistizio, con grande difficoltà raggiunse l’Italia ed entrò nella formazione partigiana della 103^ Brigata Amendola, con il grado di Vice Comandante di Brigata, nome di battaglia “Neri”. Tra le sue imprese si ricorda l’operazione di sabotaggio del ponte sullo Stura (provincia di Cuneo), eseguita insieme ad Antonio Cavina (che da militare era stato arruolato in un battaglione guastatori paracadutisti) e al sergente Giovanni Manzo (comandante di distaccamento). La rischiosissima operazione sul ponte era stata portata a termine tra il 21 e il 22 ottobre 1944: calandosi con delle funi, i partigiani erano riusciti a minare e a far saltare un’arcata del ponte, interrompendo i collegamenti fascisti e tedeschi tra Bra e Cherasco. Il 10 gennaio 1945, a causa della delazione di un finto compagno partigiano (in realtà repubblichino), il capitano Antonio Chiari, il tenente Franco Castriota e Antonio Cavina furono fatti prigionieri dai fascisti. Antonio Cavina tornò in libertà grazie a uno scambio concordato di ribelli e militari tedeschi prigionieri dei partigiani. Chiari e Castriota furono fucilati dai militi del tenente colonnello Palomba. Il nome di Chiari compare in diversi monumenti commemorativi di Cherasco. Decorato di Medaglia d’argento.

Contini Antonio nato a Ottana il 25 dicembre 1921.
Residente a Ottana, fu probabilmente uno dei tanti militari sardi che dopo lo sbandamento dell’esercito si trovavano in Val Sangone. Non accolse gli inviti all’arruolamento della RSI ed entrò a far parte, alla fine del febbraio 1944, della formazione partigiana 43^ Divisione Autonoma “Sergio De Vitis”, Brigata “Lillo Moncada”. Morì il 12 maggio 1944, probabilmente durante il rastrellamento condotto da forze tedesche e fasciste nella valle (operazione Habicht). Anche il suo compagno di lotta Francesco Cuccu venne ucciso lo stesso giorno; sepolti in una fossa comune, vennero poi riesumati e traslati nel Sacrario Forno di Coazze che custodisce i resti di 98 caduti della Guerra di Liberazione della Val Sangone.

Cubedu Salvatore (o Cubeddu) nato a Sassari il 7 aprile 1928.
Pochissime le informazioni sul suo conto. Residente a Margarita (CN), fece parte della 1^ Divisione Langhe dal maggio 1944. Risulta disperso il 3 marzo 1945 nel comune di Clavesana (CN).

Cuccu Francesco nato a Dorgali il 2 gennaio 1920.
Di professione capraio, nel gennaio 1941 rispose alla chiamata alle armi venendo assegnato a un reparto di stanza in Piemonte (probabilmente la 1^ Compagnia Sussistenza, composta da molti militari sardi), con il grado di soldato semplice. Alla firma dell’armistizio dell’8 settembre si trovava in Val Sangone e qui entrò, alla fine del febbraio 1944, nella 43^ Divisione Autonoma “Sergio De Vitis”, Brigata “Lillo Moncada”, la stessa del conterraneo Antonio Contini. Il 10 maggio 1944 la Val Sangone fu investita dall’operazione Habicht. Nata per ritorsione all’azione di Cumiana, l’operazione Habicht, al comando del colonnello Ludwig Buch, si svolse in tre fasi (attacco militare, inibizione della popolazione, esecuzioni di massa) e si chiuse con oltre cento partigiani uccisi, diverse borgate devastate, un numero imprecisato di deportati e tre stragi di massa (a Pinasca, a Sant’Antonino e a Forno di Coazze). Francesco Cuccu venne ucciso il 12 maggio 1944, probabilmente per fucilazione. Il cadavere venne trascinato e appeso a un palo della luce a Giaveno. Nello stesso giorno venne ucciso anche Antonio Contini, compagno nella formazione dei fratelli Nicoletta. I corpi, sepolti in fossa comune, furono traslati nel Sacrario di Forno di Coazze. Nel 2008, per iniziativa di Giovanni Sulis (anche lui partigiano della Brigata Moncada, fortunosamente scampato all’eccidio), il comune di Dorgali ha collocato una lapide che lo ricorda nella piazzetta del municipio.

Deidda Nino nato a Calangianus il 27 dicembre 1921.
Anche in questo caso le informazioni sono molto scarse. Residente a Calangianus (SS), a partire dal giugno 1944 entrò a far parte della 9^ Divisione Garibaldi “Alarico Imerito”, distaccamento Caracco, con il nome di battaglia Meda II. Venne ucciso durante un combattimento il 10 settembre 1944 a Canelli (AT).

Dejana Giuseppe nato a Gairo il 27 aprile 1918.
Residente a Gairo, figlio di Dionigio e Caterina Scato. Dai primi giorni del febbraio 1944 fece parte della 50^ Brigata “Edis Valle” della XII Divisione Garibaldi “Nedo”, con il nome di battaglia “Mario”. Venne ucciso insieme ad altri due compagni della stessa formazione partigiana, Roberto Burzio e Armando Orlando, dopo la cattura avvenuta il 6 gennaio 1945 nei pressi di Crevacuore (BI). I tre partigiani, ex militi fascisti, furono accusati di diserzione dal Tribunale Speciale fascista e condannati a morte mediante fucilazione alla schiena. L’esecuzione avvenne il 5 febbraio 1945 nel cimitero di Billiemme, a Vercelli.

Dejana Pietro (o Deiana) nato a Ozieri il 12 dicembre 1920.
Residente a Ozieri, non ci sono informazioni riguardo l’appartenenza alle Forze Armate. Entrò nelle formazioni partigiane alla fine del giugno 1944, nella Divisione Val Chisone. Morì in combattimento nel comune di Perosa Argentina il 18 luglio 1944. La data di morte corrisponde al periodo in cui gli alti bacini di Susa e del Chisone furono attaccati da tedeschi e fascisti. Gli Alleati stavano infatti per sbarcare in Provenza e le statali che attraversavano le due valli dovevano servire da vie di comunicazione rapide per raggiungere la Francia. Malgrado l’accanita resistenza, nel giro di dieci giorni i partigiani furono costretti a riparare in Francia, nelle valli confinanti o a trovare rifugio nelle case di parenti ed amici.

Fancellu Antonio nato a Tissi il 23/06/1906.
Appuntato dei Carabinieri residente a San Carlo Canavese (TO), dopo l’armistizio entrò nella IV Divisione Garibaldi nel giugno del 1944, con il nome di battaglia “Bianco”. Sorpreso da un reparto della Monterosa (RSI) a Corio Canavese (in località Molino dell’Avvocato), venne ucciso il 10 aprile 1945 con scariche di mitra.

Lepori Antonio nato a Aggius il 9 maggio 1912.
Carabiniere, figlio di Giovanni e Maria Biancareddu, era residente a Torino. Nell’agosto del 1944 entrò nella VII Divisione Garibaldi con il nome di battaglia “Sergio”. Il 3 gennaio 1945 ebbe inizio un grande rastrellamento voluto dal capo della provincia di Vercelli, Michele Morsero, per distruggere le forze partigiane dislocate tra la Valsesia, il Biellese e la Valle d’Aosta. Nel Biellese l’azione iniziò dalla Serra; in questa prima giornata morirono quattro partigiani: Amerigo Donadio (nome di battaglia “Luciana”), Nelson Durando (“Cici”), Antonio Lepori e Pietro Pastesano (“Mancini”), tutti della VII Divisione Garibaldi. Il quinto, Evelino Chiarletti, fu fatto prigioniero e fucilato a Mongrando. Antonio Lepori venne ucciso in località Piogera (AL) da soldati tedeschi con raffiche di mitra, mentre cercava di raggiungere una formazione partigiana in una missione di collegamento. Il suo sacrificio viene ricordato nel monumento “Mongrando ai suoi caduti” (cimitero di Mongrando S. Lorenzo), nel cippo sulla strada per Donato (BI) e con una via a lui intitolata ad Aggius (OT).

Link parte 2: Cognomi dalla M alla Z.



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