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Elenco nomi: Partigiani sardi nel Triveneto
Link parte 1: Cognomi Caduti dalla A alla F
Link parte 2: Cognomi Caduti dalla G alla P
Si ricorda che nel caso il lettore fosse a conoscenza di ulteriori dettagli, nei commenti alla pagina potrà integrare o chiedere di modificare eventuali inesattezze che, vista la natura della ricerca, sicuramente non mancheranno. Sarebbe molto interessante poter ampliare almeno le biografie più scarne, possibilmente con l’aggiunta delle foto mancanti, in modo da ricordare le gesta e ridare un volto a questi uomini troppo spesso dimenticati.
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Cognomi da S alla Z
– Saba Salvatore, figlio di Giuseppe, nacque a Serdiana (CA) il 22 luglio 1921. Nome di battaglia “Cagliari”.
Saba fu vittima di uno degli episodi più drammatici e controversi della Resistenza, il cosidetto eccidio di Porzûs avvenuto nel febbraio 1945, che costò la vita a un gruppo di partigiani della Brigata Osoppo uccisi da un gruppo di partigiani del Partito Comunista. Si trattò di un massacro scellerato e ingiustificato e di uno scontro atroce tra partigiani italiani che avrebbero dovuto avere come unico obiettivo solo la lotta contro nazisti e fascisti. La gravità dell’accaduto spiega perchè, nonostante siano trascorsi quasi 80 anni, ancor oggi l’eccidio è fonte di numerose polemiche in ordine ai mandanti e alle sue motivazioni. Luogo della tragedia fu il delicato confine orientale, zona con una forte presenza slava, in cui si intrecciavano i rapporti contrastati tra partigiani osovani (una formazione autonoma, in cui militavano soprattutto cattolici e laico-socialisti), partigiani comunisti e la controparte jugoslava.
Il 7 febbraio 1945, nelle malghe di Topli Uorc (Porzûs), situate nel comune di Faedis (UD), un centinaio di garibaldini comandati da Mario Toffanin e appartenenti in gran parte ai battaglioni GAP “Ardito” e “Giotto” uccisero 3 uomini della Brigata Osoppo, Francesco De Gregori, Gastone Valente, Giovanni Comin e una donna, Elda Turchetti, segnalata come spia da Radio Londra e recatasi alle malghe per chiarire la propria posizione. Gli altri componenti del comando di brigata vennero fatti prigionieri e condotti al Bosco Romagno (nel comune di Cividale del Friuli, in provincia di Udine) per essere interrogati e sommariamente processati. Dal 9 al 18 febbraio, 13 di loro furono barbaramente uccisi in varie località limitrofe, sempre dai GAP. Le vittime furono Egidio Vazzas, Franco Celledoni, Giuseppe Urso, Giuseppe Sfregola, il sardo Salvatore Saba, Pasquale Mazzeo, Guidalberto Pasolini, Antonio Previti, Angelo Angeli, Gualtiero Michelon, Primo Targato, Renzo D’Orlandi e Antonio Cammarata.
Salvatore Saba, carabiniere prima dell’armistizio di Cassibile, dal 12 luglio 1944 fece parte della 1^ Brigata, 3^ Divisione “Osoppo Friuli”. Varie fonti indicano come data di morte il 9 febbraio, altre il 10, e incerto è pure il luogo del decesso visto che per alcune sarebbe stato fucilato nei pressi di Bosco Musich, a Restocina (frazione di Dolegna del Collio, in provincia di Gorizia), secondo altre direttamente a Bosco Romagno.
– Sanna Giorgio, figlio di Maddalena Carru e Giovanni, nacque a Bitti (NU) il 30 giugno 1924. Nome di battaglia “Varadda”.
Servo pastore prima della mobilitazione militare, lasciò la divisa d’aviere a seguito dell’armistizio dell’8 settembre 1943 e, come tanti altri sardi, raggiunse Civitavecchia nella vana speranza di trovare un collegamento navale per l’isola. Si ritrovò così a cercare di sopravvivere nelle campagne del Lazio e si arruolò, molto probabilmente per necessità, nel Battaglione Angioy dislocato a Caprarica e successivamente al confine tra il Friuli e la Jugoslavia. L’esperienza nella formazione repubblichina durò pochissimo visto che Sanna e i suoi compagni, compresi i reali obiettivi della formazione, abbandonarono la caserma di Villa Opicina a Trieste ed entrarono a far parte della Divisione Garibaldi “Natisone” – zona Friuli, nella Brigata triestina d’assalto.
Aveva appena vent’anni quando fu ucciso in combattimento dai nazisti a Tolminski Lom, in Slovenia, il 28 novembre del 1944. Quando seppellirono il suo corpo nel cimitero di Kanalski Lom, i partigiani sistemati sulle creste collinari circostanti resero onore al compagno caduto sparando numerosi colpi in aria.
Nel 2014 le sue spoglie sono state esumate e si è scoperto che a distanza di settant’anni aveva ancora tra le mani la medaglietta della Madonna che strinse a sè durante gli ultimi attimi di vita.
Oggi, Giorgio Sanna riposa nella sua amata terra d’origine, Bitti.
– Sanna Giovanni, figlio di Antonietta Branchi e Pasquale, nacque a Bitti (NU) il 17 agosto 1924.
Grazie alla scheda personale redatta dalla “Commissione regionale triveneta per il riconoscimento della qualifica di partigiano” scopriamo che dopo l’armistizio, Giovanni Sanna entrò a far parte della Brigata “Cacciatori di Pianura” facente parte della Divisione Garibaldi “Nannetti” e operante nel trevisano. Prima di partecipare al movimento di Liberazione era stato un militare, uno dei tanti giovani sardi che guidati dall’orgolese Luigi Podda decisero di disertare dal Battaglione Angioy posizionato a Opicina.
Morì il 29 aprile 1945 (secondo altre fonti il 26 aprile) in una località italiana non meglio precisata, come confermato dalla Banca dati dei Caduti e Dispersi del Ministero della Difesa. Non sono state trovate informazioni sull’episodio che costò la vita al partigiano, sappiamo però che a partire dal 26 aprile, la Brigata “Cacciatori di Pianura” occupò i comuni di Francenigo, Gaiarine, Codognè, Fontanelle, Oderzo, Gorgo, Mansuè, Vazzola, Cimadolmo, S. Polo di Piave, Ormelle, Ponte di Piave favorendo la cacciata definitiva dei nazifascisti prima dell’arrivo degli Alleati. E’ probabilmente in quest’ultima fase della Liberazione che Giovanni Sanna perse la vita.
– Sanna Sebastiano, figlio di Giuliana Bruno e Luigi, nacque a Bitti (NU) il 6 settembre 1923.
Anche Sebastiano fece parte di quel gruppo di militari sardi che, lasciata la divisa all’indomani dell’armistizio, vennero reclutati nel Battaglione Angioy e decisero poi di disertare per entrare nelle formazioni partigiane operanti nel Triveneto. Secondo quanto riportato dalla scheda personale, Sanna aderì alla Divisione Garibaldi “Natisone” – zona Friuli, raggiungendo il grado di Sergente maggiore, Comandante di Squadra. Non si hanno molti dettagli della sua vita partigiana, ciò che è noto è che perse la vita il 10 febbraio 1944 in uno scontro avvenuto nei pressi di Lipa, città della Slovenia. Con lui morì un altro partigiano sardo, Giuseppe Carboni nato a Tonara. Secondo la testimonianza di Luigi Podda, il suo corpo venne tumulato a Ranziano, piccolo centro urbano della Slovenia a pochi km dal confine italiano.
– Serio Giovanni, figlio di Luigi, nacque ad Alghero (SS) il 26 giugno 1894. Conosciuto con il nome di battaglia “Marino”.
Militare dell’esercito italiano, dopo l’armistizio di Cassibile abbandonò la divisa e, secondo quanto riportato nella sua scheda personale, nel maggio del 1944 entrò a far parte della Divisione Garibaldi “Natisone” – zona Friuli -. In una fonte è indicato come comandante della II Zona (Monfalconese). Il suo nominativo compare nell’elenco dei comunisti italiani e sloveni arrestati tra l’agosto e il settembre 1944, rapporto firmato da Giuseppe Gueli, capo dell’Ispettorato speciale di pubblica sicurezza a Trieste (Irsrec, fondo Novecento Venezia Giulia).
Giovanni Serio fu ucciso il 26 agosto 1944 presso il Polizeihaftlager (campo di detenzione e di polizia) della Risiera di San Sabba.
– Serpi Antonio, figlio di Glicerio, nacque a Pabillonis (SU) il 1° dicembre 1924.
Pochissime le informazioni trovate.
La sua scheda personale riporta l’appartenenza al Raggruppamento Divisioni Garibaldine del Friuli (Natisone) a partire dal maggio 1944. Vi rimase fino al 12 aprile 1945, presumibilmente data in cui venne dichiarato disperso.
E’ utile ricordare che la Divisione garibaldina contava al suo interno la presenza di un centinaio di combattenti sardi, la gran parte giovani militari sbandati mobilitati dalla Repubblica di Salò che avevano disertato le file del battaglione dislocato a Opicina, vicino Trieste.
Anche Serpi, come attestato dalla Banca dati del Ministero della Difesa, prima dell’ingresso nella formazione partigiana era stato un soldato dell’esercito italiano.
– Soddu Gavino, residente a Iglesias [da identificare].
Le uniche informazioni disponibili sono quelle riportate nella scheda redatta dalla “Commissione regionale triveneta per il riconoscimento della qualifica di partigiano”. Soddu dal 7 maggio 1944 fece parte delle Brigate Matteotti, Divisione Monte Grappa, formazione legata al Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria (PSIUP) e operante alle pendici del monte omonimo. Perse la vita il 23 settembre 1944, probabilmente durante le operazioni di rastrellamento sul Grappa che causarono centinaia di vittime tra partigiani e civili, molte rimaste senza nome. L’Operazione Piave fu ordinata dall’alto comando tedesco in Italia coadiuvato da reparti fascisti nel settembre 1944, per distruggere le formazioni partigiane attive nella zona. Il culmine della strage si raggiunse il 26 settembre a Bassano del Grappa, quando vennero impiccate agli alberi del viale 31 persone, tra cui il sardo Giuseppe Giuliani.
– Villani Salvatore, figlio di Caterina Rusticcia e Tommaso, nacque a Santa Teresa di Gallura (OT) il 6 dicembre 1914. Conosciuto con il nome di battaglia “Cossu”.
L’unica informazione certa riguardante il periodo precedente all’ingresso nelle formazioni partigiane è che Salvatore Villani era un brigadiere dell’Arma dei Carabinieri. Dopo l’armistizio fece parte del “Raggruppamento Divisione Osoppo Friuli” a partire dal luglio del 1944 e fino al 10 dicembre dello stesso anno, data della sua morte.
Villani, insieme ad altri 9 partigiani, fu vittima di un rastrellamento effettuato da tedeschi appoggiati da reparti cosacchi e della Decima Mas, nel settore tra l’Arzino e il Meduna, nella provincia di Pordenone.
Durante l’offensiva nazifascista, un gruppo di ribelli riuscì ad attaccare di sorpresa i marò del Battaglione Valanga, provocando un morto e un ferito. A seguito di questo attacco, nella notte del 9 dicembre i marò circondarono la frazione di Tramonti di Sotto, nel paese di Palcoda, dove si erano rifugiati i partigiani, e nel durissimo scontro a fuoco ne uccisero diversi; altri 21 vennero catturati e rinchiusi nei locali della macelleria cittadina. Dopo essere stati interrogati uno alla volta nel palazzo del municipio di piazza Santa Croce, il comandante del “Valanga”, capitano Morelli, ordinò la fucilazione di 10 di loro.
Il giorno dopo, il 10 dicembre (secondo altre fonti il 13), nel tardo pomeriggio avvenne l’esecuzione nei pressi del cimitero di Tramonti di Sotto: un primo plotone, comandato da Rinaldo Barbesino, fucilò i primi cinque mentre un secondo, alla guida del tenente Ezio Busca, si occupò dei restanti.
Oltre al sardo Salvatore Villani furono giustiziati altri due partigiani della Brigata Osoppo “Friuli”, Cosimo Moccia e Ulderico Rondini, e sette della Brigata “Tagliamento-Garibaldi Sud Arzino”, Adalgerio Ceccone, Ottavio Cominotto, Gino De Filippo, Vittorio Flamini, Gino Minin, Osvaldo Rigo e Carlo Sclavi.
Una lapide in marmo posta nel cimitero di Tramonti di Sotto ricorda il sacrificio dei dieci combattenti.
– Violini Maurizio, figlio di Maria e di padre ignoto, nacque a Sassari il 4 settembre 1910 (data ricavata dall’atto di nascita del comune sardo). Residente a Valmareno di Follina, provincia di Treviso.
Carabiniere, dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 lasciò la divisa ed entrò a far parte della Brigata “Mazzini” – Divisione “Nannetti” il 20 maggio 1944, ottenendo la promozione di comandante di nucleo partigiano già nel luglio dello stesso anno.
Maurizio Violini fu catturato a causa di una delazione e fu giustiziato assieme ad altri 5 partigiani, suoi compagni di brigata: Antonio Bortolin, Salvatore Pontieri, Giovanni Possamai, Leone Sasso e Marino Zanella, comandante della “Mazzini”.
Il 24 gennaio 1945, due Battaglioni della Decima Mas, “Nuotatori Paracadutisti” e “Sagittario”, organizzarono un rastrellamento contro la ricostituita “Mazzini” nel territorio della provincia di Treviso. I fanti di marina “Sagittario” si avvalsero della collaborazione di una ragazza soprannominata “L’Americana”, fermata durante il rastrellamento, che comunicò loro la presenza di armamenti nascosti nelle baite della montagna. Durante le ricerche, i militari non trovarono armi ma scoprirono all’interno di una baracca a Premaor di Miane 4 partigiani (Violini, Bortolin, Pontieri, Possamai) e una ragazza, la staffetta partigiana Irma Possamai. Rientrando a Pieve di Soligo, lungo la strada tra Miane e Follina, i marò del “Sagittario” incrociarono due uomini (Sasso e Zanella) che procedevano a piedi con le biciclette alla mano; perquisiti e trovati in possesso di armi furono arrestati e uniti al gruppo dei prigionieri. Il 25 gennaio, gli ufficiali della Decima di stanza a Pieve di Soligo, dopo un processo sommario, condannarono a morte i 6 partigiani e rilasciarono le ragazze (L’Americana verrà poi giustiziata dai partigiani perchè considerata una spia). Il giorno dopo, il 26 gennaio alle ore 11, i prigionieri confortati da monsignor Domenico Martini, furono fucilati tre alla volta da un plotone di esecuzione, sul muro esterno del cimitero di Pieve di Soligo. La Decima non riconobbe subito Marino Zanella, che ricopriva l’importantissima carica di comandante della Brigata ed era un ricercato politico fin dagli anni ’30. Quando i suoi documenti furono esaminati in modo approfondito, era ormai troppo tardi e i marò non poterono più estorcere informazioni all’imputato. Monsignor Martini si oppose alla decisione del Comando di Battaglione “Sagittario” di inumare i partigiani in una fossa comune per far passare sotto silenzio la vicenda, così avvisò i familiari delle vittime che, i giorni seguenti, trasferirono e seppellirono le salme nelle rispettive parrocchie.
Maurizio Violini fu insignito della Medaglia di bronzo con la seguente motivazione: “Fervente patriota, lasciava la famiglia per entrare nelle file partigiane, prodigandosi con tutte le sue energie per la causa della libertà. Catturato, unitamente al proprio comandante, in una imboscata veniva sottoposto inutilmente a torture per estorcergli informazioni. Condannato alla fucilazione, cadeva eroicamente per la libertà della Patria. – Pieve di Soligo (Treviso), 26 gennaio 1945“.
Dopo la Liberazione, in ricordo dei sei partigiani furono apposti sul muro di cinta del cimitero di Pieve di Soligo una lapide e una scultura bronzea.
– Zidda Michele, figlio di Giuseppe, nacque a Orune (NU) il 25 agosto 1919. Conosciuto con il nome di battaglia “Macario”.
Ancora bambino, si trasferì con il padre e i fratelli a Nuoro, dove aiutò la famiglia lavorando nel panificio di piazza Italia. Con lo scoppio del conflitto, rispose alla chiamata alle armi e dopo aver lasciato la divisa da soldato entrò a far parte delle formazioni partigiane nel settembre 1943, operando nella Divisione Garibaldi “Natisone”. Perse la vita il 23 marzo 1945 in un furioso combattimento sul monte Blegos, in Slovenia. Non sarebbe toccato a lui, combattere quel giorno, ma Michele Zidda si era offerto per lasciare che un commilitone, con moglie e figli, potesse avere qualche chance in più di tornare a casa. Le sue spoglie, oggi, riposano in un sacrario vicino a Skofja.
Michele Zidda fu insignito della Medaglia d’argento alla memoria con la seguente motivazione: “Sorpreso in territorio straniero dall’armistizio, non esitava a entrare subito nel movimento della Resistenza, partecipando a numerose azioni sempre distinguendosi per coraggio, capacità e spirito di dedizione. Portamunizioni di arma automatica posta in posizione avanzata e serrata da incalzante avversario, riforniva audacemente con calma, serena regolarità la sua arma, percorrendo ripetutamente la zona battuta da incessante fuoco nemico. Colpito da raffica micidiale, cadeva generosamente per la libertà della patria. – Sebrelie (Gorensko – Jugoslavia), 23 marzo 1945“.
– Zucca Antonio, figlio di Giovanna Pinna e Sebastiano Giovanni, nacque a Tonara (NU) il 2 maggio 1920.
Soldato del 23° Reggimento Artiglieria (Divisione di fanteria) durante la Seconda guerra mondiale, dopo l’armistizio di Cassibile abbandonò la divisa e nell’ottobre 1943 confluì nella formazione partigiana che nei mesi successivi avrebbe preso il nome di Brigata “Martiri di Mirano”, alle dipendenze della Brigata “Garibaldi Padova”. Antonio Zucca fu promosso nell’aprile 1944 Comandante di nucleo partigiano, divenne Aiutante Maggiore Battaglione a maggio e Comandante Stato Maggiore di Brigata il 1° ottobre, appena dieci giorni prima di essere ucciso.
La sua morte è da ricollegare alla “Battaglia del Parauro”, nota anche come “Battaglia di Zeminiana”, avvenuta nelle campagne fra Noale e Santa Maria di Sala (in provincia di Venezia) e Massanzago (in provincia di Padova). L’11 ottobre 1944 la Brigata nera “Luigi Begon” di Padova iniziò un’operazione di rastrellamento in tutta la zona che culminò con lo scontro a fuoco con i partigiani locali guidati dal Comandante Ballan. I 4 combattenti disposti nella linea di difesa più avanzata vennero fermati dalle forze fasciste: Silvio De Cesaro, probabilmente perchè privo di munizioni, si arrese al nemico ma venne freddato con un colpo alla testa, Amleto Bordoni e Cosimo Aiello dopo la cattura vennero immediatamente fucilati. Ancora più tragica fu la fine del sardo Antonio Zucca che nello scontro a fuoco rimase ferito a una gamba. Sdraiato a terra, impossibilitato a muoversi, fu raggiunto dal comandante delle Brigate Nere che lo colpì violentemente alla testa con il calcio del moschetto, fracassandogli il cranio. Qualche ora dopo, constatato che il ferito era ancora in vita, venne finito con una pugnalata al petto.
Oggi il sacrificio dei quattro partigiani è ricordato da una lapide a Zeminiana (frazione di Massanzago) e da un monumento in via del Parauro, a Noale.
Fonti principali:
– “Storia della resistenza veronese”, di Maurizio Zangarini;
– Schede personali: Commissione regionale triveneta per il riconoscimento delle qualifiche di partigiano;
– Archivio tedesco: Arolsen Archives;
– “L’antifascismo in Sardegna”, a cura di Brigaglia, Manconi, Mattone e Melis;
– “Antifascisti e partigiani sardi”, di Tonino Mulas;
– “Quelli della Montagna: storia del Battaglione Triestino d’Assalto”, di Giacuzzo e Scotti;
– “Itinerario di lotta, cronaca della Brigata d’assalto Garibaldi – Trieste” di Riccardo Giacuzzo e Mario Abram;
– “Verona la guerra e la ricostruzione”, a cura di Maristella Vecchiato;
– Raccontare Porzûs: storiografia di una strage ambigua, dal sito “Treccani“;
– “Porzus: difficile e doloroso parlarne con obbiettività”, di Wladimiro Settimelli, in Patria Indipendente, 27 luglio 2008;
– L’eccidio di Porzûs, dal sito ANPI;
– 70 anni fa: strage di Porzûs (UD), da sito “Ultime lettere“;
– “Dopo settant’anni su pitzinnu Varadda ritorna nella sua Bitti”, dal sito La Nuova Sardegna;
– “Servo pastore e partigiano torna a casa dalla Slovenia”, di Natalino Piras, in Patria Indipendente, giugno 2014;
– Fascicolo 435 Brigata “Cacciatori di Pianura”;
– Diari storici dei Reparti partigiani della Provincia di Treviso, Archivio dell’Istresco;
– Cimitero Tramonti Di Sotto, dal sito: “Stragi nazifasciste“;
– I dieci fucilati di Tramonti di Sotto, dal sito: “Friuli Occidentale, la storia, le storie“;
– “Il comunismo nell’area Alpe-Adria. Protagonisti, miti, demifisticazioni”. A cura di Patrick Karlsen e Luca G. Manenti. Rivista di storia contemporanea “QualeStoria”, Nr. 1, Giugno 2019.
– “Storie di guerra: Valdobbiadene e dintorni dal gennaio 1944 all’eccidio del maggio 1945”, di Luca Nardi;
– Episodio di Pieve di Soligo, dal sito: “Stragi nazifasciste“;
– Il partigiano Zidda torna a Nugoronobu , dal sito “La Nuova Sardegna“;
– In ricordo di Antonio Zucca, dal sito “Tottus in pari“;
– Noale, 11.10.1944, dal sito “Stragi nazifasciste“.