Antifascisti sardi a Roma -parte 2-

[Parte 1]

Molto numerosi furono i militari sardi attivi a Roma contro l’esercito tedesco. Tra i carabinieri ricordiamo Matteo Mureddu (Nuoro, 1907), capitano, che costituì un gruppo di Carabinieri volontari per la difesa del Quirinale da eventuali attacchi e saccheggi. Prese dimora al Quirinale e nei sotteranei, con l’aiuto di altri, nascose i gioielli della Corona, di proprietà dello Stato, a cui i tedeschi davano una caccia incessante. Ma non si limitò a questo. Oltre a introdurre una rilevante quantità di armi, vi occultò l’argenteria, le porcellane, i mobili antichi, dipinti e opere d’arte che lo Stato aveva dato in uso al re, salvandole dalla razzia nazista. Dopo l’attentato di via Rasella venne arrestato dai fascisti e miracolosamente scampò alla strage delle Fosse Ardeatine. Immediatamente dopo la liberazione di Roma, il gruppo di Mureddu fu impiegato nel servizio di ordine pubblico e nella cattura dei repubblichini.

Morì a causa dei combattimenti tra l’8 e il 10 settembre il carabiniere Mario Cruccu di Cagliari (nato nel 1923), decorato con la croce di guerra al Valor Militare. Negli scontri rimasero feriti Paolo Argiolas di Torralba e Tommaso Giannottu di Tempio Pausania.

Altri civili sardi morirono durante i combattimenti per la difesa di Roma, ma le liste dei nominativi non riportano il luogo di nascita. I cognomi che indicano un’origine sarda sono quelli di Anselmo Fadda, Luigi Melis, Mario Secchi e Jole Zedde (uccisa a sedici anni da alcuni colpi di mitra sparati da un soldato tedesco presso la Stazione Ostiense).

Fra i militari dell’esercito che difesero la Capitale vi erano Luigi Cano di Iglesias (1905), organizzatore di formazioni partigiane nel Lazio e nel centro Italia, che dopo essere stato arrestato a Terni per delazione, riuscirà a fuggire durante la deportazione in Germania e a continuare la lotta con i partigiani toscani della 3ª Brigata Rosselli e Aldo Romero di Senorbì (1924), che morì nel 1944 dopo le torture che seguirono all’arresto.
Cano e Romero sono stati decorati con la medaglia d’argento.

Molti esponenti del Partito d’Azione erano a Roma durante i combattimenti, e alcuni di loro, l’impiegato Gavino de Luna e il professore di lettere Salvatore Canalis, moriranno alle Fosse Ardeatine. Stesso destino toccherà al militante comunista Sisinnio Mocci, uscito dal carcere e reduce della guerra civile spagnola. In tutto, saranno nove i sardi a perdere la vita a causa della strage, presi dal carcere dove erano detenuti per attività partigiana; oltre ai nomi già citati, ricordiamo il sottotenente Gerardo Sergi, il contadino Ignazio Piras, il brigadiere dei carabinieri, combattente nel battaglione “Hazon”, Candido Manca, l’avvocato Giuseppe Medas, il sergente pilota Pasquale Cocco e Agostino Napoleone, sottotenente di vascello.

Ma l’eccidio delle Fosse Ardeatine, con cui i tedeschi tentarono di fermare la ribellione addossando ai partigiani la colpa del perenne stato di guerra della città, non fu l’unico atto di rappresaglia ai danni di cittadini inermi. Le torture, effettuate dai tedeschi con lo scopo di ottenere preziose informazioni, erano normalmente seguite dalle fucilazioni, e anche la tristemente famosa banda Koch o quella del maggiore Mario Carità fecero tappa a Roma per poi accompagnare i tedeschi durante la loro ritirata.

La banda Koch aveva la sua sede in via Tasso.
Racconterà Giovanni Scottu, giovane poliziotto arrestato il 17 marzo del 1944 per aver installato una radio trasmittente clandestina sul galleggiante del Ministero delle Finanze ormeggiato sul Tevere:
“Per persuadermi a svelare i nomi dei complici, mi strappavano i baffi, mi avvitavano nelle tempie due punte di ferro tenute da un semicerchio d’acciaio. Mi sentivo scoppiare gli occhi”.
Con lui venne arrestato anche il tenente Maurizio Giglio, che dopo aver subito spaventose torture testimoniate dallo stesso Scottu, morirà alle Fosse Ardeatine senza aver mai rivelato nulla. Scottu riuscì a fuggire grazie all’aiuto di una guardia carceraria sarda.

Altrettanto atroci furono le sevizie subite da Antonio Feurra (1898).
Comunista di Seneghe, fu tra i più attivi organizzatori della Resistenza romana. Nella Capitale gestiva un banco di ortofrutta al mercato, ma Feurra non era un semplice commerciante, era il comandante militare dei Gap di Monte Sacro. Approfittando della sua attività, nascondeva armi e munizioni sotto la frutta e con il carretto le distribuiva nelle zone in cui i partigiani erano pronti a operare. Venne arrestato nella sua casa, davanti a moglie e figli, il 21 dicembre del 1943. Subì le torture nella prigione di via Tasso e infine venne fucilato a Forte Bravetta il 31 dicembre 1943.

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Per approfondire l’argomento si consiglia la lettura:

  • L’antifascismo in Sardegna”, a cura di Manlio Brigaglia, Francesco Manconi, Antonello Mattone e Guido Melis;
  • “Roma occupata 1943-1944. Itinerari, storia, immagini”, di Di Anthony Majanlahti, Amedeo Osti Guerrazzi;
  • Associazione Nazionale Partigiani d’Italia”, sito internet http://www.anpi.it;
  • La storia dimenticata del partigiano Antonio Feurra” (La Nuova Sardegna)
  • “Stefano Siglienti, un banchiere contro Mussolini” (La Nuova Sardegna)

Frammenti di dissenso -parte 2-

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[Parte 1]

Terminiamo il nostro excursus sul dissenso, prendendo in esame il periodo dal 1936 al 1941. In questa fase evidenziamo, tra tutte, tre importanti tappe storiche, eventi che hanno finito con l’avere ripercussioni profonde nell’animo della popolazione:

  • Luglio 1936 inizio della Guerra civile spagnola;
  • 1° settembre 1939 scoppio della Seconda guerra mondiale;
  • 10 giugno 1940 entrata in guerra dell’Italia.

La Guerra di Spagna fu qualcosa di più di una guerra civile, fu un evento bellico che si caricò di un forte significato ideologico, fu il primo scontro tra democrazia e fascismo.
Per questo motivo la guerra spagnola ebbe ampia risonanza anche in Sardegna, e forte fu l’attenzione dei Prefetti e dei questori nel segnalare ogni reazione della popolazione:

14 settembre 1936, il giornale “Arbeiter Zeitung” di Basilea scrive che un gruppo di operai cagliaritani ha inviato 200 franchi al “Grido del popolo” di Parigi a favore di combattenti italiani antifascisti nella guerra di Spagna.
24 aprile 1937. Fermato e denunciato un cagliaritano per avere propalato notizie tendenziose sulla guerra di Spagna.
9 maggio 1937. Relazione del Questore di Sassari: “Gli avvenimenti spagnoli hanno interessato e interessano anncora vivamente queste popolazioni perchè non pochi volontari Sardi – ufficiali e soldati – militano tra le truppe di Franco mentre poche eccezioni, che qui non hanno seguito, sono andate tra le file dei rossi”.
Maggio 1937. Arrestato a Mores un cittadino “socialista”, per aver “manifestato simpatia per i miliziani spagnuoli esprimendo il desiderio di combattere contro i nazionalisti”. Assegnato al confino per 5 anni.

Sempre presente l’esempio di Emilio Lussu:

Luglio 1936, in possesso di un bracciante desulese vengono rinvenuti, a Bonorva, cinque foglietti manoscritti con frasi contro il fascismo e a favore di Lussu. Il materiale è stato distribuito da un pastore ex-confinato, anche lui di Desulo, cui viene trovata anche una cartolina inviatagli da Lipari dallo stesso Lussu, quando vi era confinato. Proposto per una nuova assegnazione al confino.
9 aprile 1937. Nella lunga relazione presentata dal Questore di Cagliari si segnala l’individuazione, a Serramanna, sul muro della casa del fascio e nella stazione, le scritte “Viva Lussu – Viva la libertà – Viva Lenin”: seguirà spedizione punitiva di fascisti cagliaritani che obbligano “- d’accordo con quel Segretario politico e il Podestà – 4 individui ritenuti antifascisti a bere l’olio di ricino”; a Cagliari alcuni fascisti hanno accompagnato al Gruppo “Fois” 7 persone ritenute antifasciste “obbligandole a bere dell’olio di ricino”.
11 marzo 1937. Il giudice conciliatore di Genoni esalta Emilio Lussu “sino a dire che avrebbe piuttosto rinunziato alla tessera del Fascio che alla sua ammirazione per Lussu”. Assegnato al confino per 3 anni.
1 marzo 1939. Arresto del pittore Carmelo Floris, di Olzai, e del muratore Giovanni Gadoni “per avere accettato l’incarico da Emilio Lussu di riorganizzare” il Psd’A in Sardegna. Antonio Dore, comunista, già confinato, è arrestato e denunciato per lo stesso motivo a Firenze il 7 marzo.

Con l’autarchia economica e con lo spettro di una guerra imminente, il dissenso si fece sempre più forte:

30 giugno 1936, manifestini di carta rossa affissi in piazza Municipio ad Iglesias. Ne viene denunciato come autore un minatore di 24 anni, che viene proposto al confino.
5 luglio 1936, “Manifestazione sediziosa, con affissione di manifestini sovversivi incintanti all’odio di classe e al dispregio del Fascismo”, nella miniera di Bacu Abis. Sei operai sono stati assegnati al confino di polizia”.
31 gennaio 1937. Fischietta, a Cagliari, l’Internazionale e la Marsigliese. Diffidato.
8 marzo 1937, un minatore di Bacu Abis pronuncia frasi offensive contro il regime. Assegnato al confino per 3 anni.
18 marzo 1937. Durante la notte qualcuno traccia scritte sovversive e falce e martello sulla parete della casa del fascio di Serramanna e nella ritirata del locale scalo ferroviario. I fascisti obbligano a bere l’olio di ricino l’ex-comunista Bonaventura Pinna, ritenuto “se non l’autore, almeno l’ispiratore” delle scritte. Deferito alla commissione provinciale per il confino, ammonito.
25 aprile 1937. L’on. Angelo Corsi viene ferito ad Iglesias da un fascista, perchè, secondo quello – dice il Questore – “per non salutare il gagliardetto del Fascio aveva svoltato le spalle”.
1 maggio 1937. Durante la notte viene issata una bandiera rossa sul Monte Mannu, che sovrasta l’abitato di Guspini. Arrestate 30 persone, di cui 3 vengono diffidate.
25 maggio 1938. Durante la notte, in vari punti di Cagliari, vengono affissi manifestini a stampa contro il Fuhrer, contro Mussolini, l’occupazione dell’Austria e l’intervento italiano in Spagna.
Ottobre – Novembre 1938. A Nuoro e Bari Sardo, in diverse occasioni, la parola “Mussolini” o l’effigie del Duce vengono imbrattate con sterco di bue. Quattro diffidati a Bari Sardo.

Anche l’abbigliamento poteva diventare un problema:

22-23 marzo 1937. Vari fascisti avvicinano, a Cagliari, persone che indossano cravatte nere o rosse o a fondo rosso “e persino – dice il Questore – bambine vestite di rosso, ordinando loro di togliersi tali indumenti”.
6 giugno 1937. Due minatori di Monteponi, in gita dopolavoristica a Oristano, vengono fermati (e poi rilasciati) perchè portano cravatte rosse.

Non sempre era il colpevole a essere punito:

4 luglio 1937. Iglesias: alcuni fascisti si scontrano con un gruppo di persone che, fuori dall’abitato, cantano una canzone sovversiva. Un fascista spara tre solpi di rivoltella. Otto fermati: tre (uno dei quali è il ferito) assegnati al confino, cinque diffidati (ma non lo sparatore).

Con il decreto regio del 1938, il fascismo pose delle limitazioni all’ascolto delle radio estere finchè, con lo scoppio della guerra, ascoltare Radio Londra divenne illegale:

4 settembre 1937. A Guspini, nella casa dell’autista Eugenio Massa (fascista dal 1923) si riuniscono il dottor Luigi Murgia, 61 anni, l’avv. Riccardo Lisci, 60 anni, e Ettore Manis, per ascoltare “alla radio comunista di Barcellona un messaggio del fuoriuscito Velio Spano che combatte coi rossi in Spagna”. Denunciati e assegnati al confino: Massa per 3 anni, gli altri per 1 anno ciascuno.
24 ottobre 1938. Cinque persone arrestate a Cagliari per aver ascoltato la radio della Spagna rossa. Il padrone di casa è assegnato al confino per due anni, gli altri per uno.
30 agosto 1939. L’OVRA segnala che a Cagliari, in un bar, si ascoltano le stazioni radio estere “antitaliane”. Ritirata la licenza per un mese.
25 novembre 1940. A Cagliari agenti dell’OVRA sentono distintamente, dalle finestre di un appartamento a pianterreno di via San Benedetto, le trasmissioni di Radio Londra. Il padrone di casa, un industriale, conferma che il figlio diciassettenne riceve spesso la trasmissione “perchè ne ha parlato in casa”. Diffidati entrambi.
9 dicembre 1940. Arrestato a Bacu Abis un operaio che “organizza la ricezione clandestina di trasmissioni di stazioni estere.” Sequestrata la radio.
Maggio 1941. Sequestrati nella provincia otto apparecchi radio di proprietà di altrettanti cittadini sorpresi ad ascoltare le trasmissioni di Radio Londra.

Sarà stato davvero uno scherzo o un tentativo di discolpa? Poco importava, il risultato era lo stesso:

23 gennaio 1937. A Ilbono un contadino analfabeta, non avendo potuto ottenere di recarsi come operaio in A.O.I. (Africa Orientale Italiana, n.d.r.), si fa scrivere da un compaesano, camicia nera della Coorte di Isili, una lettera diretta al “capo del governo rosso in Ispagna, Caballero” per farsi arruolare nelle truppe repubblicane (!). La lettera è intercettata dalla censura: sebbene sia chiaro che si tratta d’uno scherzo, i due sono assegnati al confino per 3 anni.

Noto avvenimento antifascista, già ricordato nell’articolo “I primi combattenti sardi nella guerra civile spagnola”:

17 marzo 1937. A Nuoro l’insegnante elementare Mariangela Maccioni, nota antifascista, e la signora Graziella Sechi, moglie dell’ing. Dino Giacobbe, sono arrestate “per avere esaltato la figura dell’anarchico Dettori Giovanni, morto combattendo fra i rossi in Ispagna”. Rilasciate il 13 maggio, la signora Giacobbe viene diffidata, Mariangela Maccioni viene, il 27 maggio, “presentata alla Commissione Provinciale per i provvedimenti di polizia” che la diffida. Successivamente, la Maccioni sarà espulsa dai ruoli scolastici.

Il controllo sistematico della comunicazione portò a intercettare molte lettere che esprimevano il malcontento e il dissenso nell’Italia fascista:

8 maggio 1937. La censura segnala una lettera, spedita da Bosa da una suora, che racconta al suo corrispondente in Francia che “a Bosa hanno bruciato le fotografie del Re, della Regina e di Mussolini e vi è stata una vera rivoluzione e a Cagliari hanno issato un drappo rosso sui bastoni della città e alla testa di un corteo”.
Febbraio 1940. Una lettera inviata a Lussu da Bitti viene intercettata dalla censura. Una lunga indagine scoprirà che si tratta di un tentativo di coinvolgere nell’accusa di complotto antifascista le persone più influenti del paese.

Molti sono gli antifascisti sardi che decidevano di emigrare a Parigi o partire per la guerra spagnola. La Corsica era il passaggio obbligato per i sardi che lasciavano l’isola:

12 luglio 1938. Due pescatori di Marceddì emigrano clandestinamente in Corsica per arruolarsi nelle milizie rosse. Un loro compagno, che li ha convinti, viene arrestato insieme con uno dei due, ritornato dalla Corsica.
28 gennaio 1938. Relazione del Questore di Sassari: gli espatri clandestini verso la Corsica, tentati o mandati ed effetto dal settembre del 1937, sono 20.

Con lo scoppio della Seconda guerra mondiale aumentava la preoccupazione della popolazione…

12 ottobre 1939. Un sacerdote di Monserrato “conduce propaganda contro la guerra con velate critiche all’operato del regime, ha cominciato a tenere discorsi con amici e conoscenti esaltando la Francia, sparlando del regime e criticando anche le provvidenze economiche adottate dal governo”. E’ pedinato dall’OVRA fin dall’aprile.
7 ottobre 1939. Relazione del Questore di Sassari: lo stato d’animo della popolazione ha subito, nell’ultima decade di agosto, “una sensibile depressione”, riavendosi però alla dichiarazione italiana di non belligeranza.
20 novembre 1939. Arrestata a Sassari una cuoca che ha più volte pronunciato frasi offensive contro il capo del Governo. Ammonita.
1 maggio 1939. Relazione del Questore di Nuoro: “La notizia dell’azione militare in Albania, assolutamente inattesa, ha suscitato evidenti ondate di giubilo. L’orientamento della politica nazionale diretto a definire la supremazia dell’Italia nel Mediterraneo non ha qui oppositori”.
23 aprile 1939. Fermato a Seui un sardo che afferma, in un locale pubblico, che “l’Italia non può sostenere la guerra per deficienza di mezzi” e che “l’impero” francese sulla Tunisia è “legittimo”. Diffidato.
28 maggio 1940. Il viceparroco di Oschiri don Francesco Giua pronuncia frasi contro la guerra. Denunciato, assegnato al confino.
9 marzo 1941. Scritte antifasciste sui muri a Bonarcado: “W l’Inghilterra e fuori l’Italia. Stiamo morendo di fame”.
27 dicembre 1941. Relazione del Questore di Sassari: ” I recenti avvenimenti internazionali d’importanza storica, tra cui la estensione della guerra agli S.U.A. non hanno influito gran che sullo spirito della popolazione che ne segue gli sviluppi con calma sempre fiduciosa nella vittoria finale. Una certa apprensione ha ingenerato invece la perdita dell’Abissinia e l’attuale andamento della battaglia della Marmarica”.

… e iniziavano le prime privazioni (non solo alimentari):

6 ottobre 1939. Relazione del Questore di Nuoro: “Soddisfacente preparazione spirituale delle masse”, che “continuano a dare prova di assoluta fiducia nel Duce, rivelando encomiabile serenità nel seguire le vicende internazionali”. La situazione economica è stazionaria. “L’eliminazione del caffè dal generale consumo è stata avvertita, ma non ha causato alcun malcontento”.
29 luglio 1940. Relazione del Questore di Cagliari: raccolto del grano scarso; abbondante invece la produzione frutticola; attivissima l’attività estrattiva. “I diminuiti rifornimenti dal Continente hanno ineluttabilmente fatto alzare i prezzi”. “Notevolissimo aumento del costo della vita, acuito anche, talora, dalla mancanza di generi di prima necessità quale il sapone. Quando questo genere non arriva dal Continente, data la scarsezza delle assegnazioni, si tende ora a fabbricarlo in famiglia, adoperando l’olio di ulivo, e da ciò la rarefazione anche di tale prodotto. […] Notevole impressione ha prodotto il razionamento del pane nei pubblici esercizi, che fa temere il razionamento generale”. “Il clero locale non è soverchiamente incline alla politica. Qualche apprezzamento, in prediche, contrario alla Germania, effetto della propaganda dell’Osservatore romano è stato stroncato”.
24 dicembre 1940. Relazione del Questore di Nuoro: la riduzione alle assegnazioni di grano duro impedisce la fabbricazione della “carta da musica”, “vi è stata al riguardo qualche sporadica e sintomatica manifestazione”. “Una delle cause di grave disagio è la mancanza assoluto di commercio della suola. Inoltre i contadini e i pastori che in passato usavano per le riparazioni delle calzature la cosidetta suola di gomma, che ora non esiste, vanno già per la maggior parte, adulti e bambini, completamente scalzi, con conseguenze che indubbiamente si ripercuoteranno nella salute delle popolazioni”.

Anche l’antifascismo, durante la guerra, si rafforzò ulteriormente:

24 giugno 1941. Sì è avuto sentore – dice il Questore di Cagliari – di un tentativo di costituzione di un nucleo antifascista nell’Università. Si dovrebbe chiamare MURA (Movimento Universitario Rivoluzionario Antifascista). Pare che l’iniziativa sia partita dall’Università di Sassari.
25 settembre 1941. Rapporto del Questore di Cagliari. “Fra i sardisti – affetti tutti da pessimismo circa i risultati finali della guerra – pare siano sorte speranze di vedere attuate le loro ideologie. Da ciò forse derivano le voci, ogni tanto ricorrenti, di uno “sbarco” del noto Lussu Emilio in Sardegna. Ma codesto movimento, peraltro molto modesto, non credo debba destare impressioni. I Sardi, in fondo, sono tutti sardisti, nel senso che sentono, nell’intimo, assai forte l’orgoglio della propria terra e della propria razza. Ma sono egualmente buoni patrioti e posso aggiungere – dice il Questore – che, per quanto riguarda il carattere del cagliaritano, v’è gran passo fra sentimento e azione”.
29 ottobre 1941. A Cagliari l’OVRA procede all’arresto di “un gruppetto di antifascisti che avevano ripreso contatti a scopo politico”. Due assegnati al confino, quattro ammoniti, uno diffidato”.

Particolare la forma di protesta dell’avv. Mura:

31 gennaio 1941. A Sassari l’avvocato Giovanni Antioco Mura è ripreso da un cancelliere del Tribunale perchè insiste a incollare le marche da bollo (con l’effige del re) a testa in giù. L’avvocato Stefano Saba ribatte al cancelliere: “Non ti conviene, le cose possono cambiare, domani ci sarà un altro partito e comanderà lui”. I due avvocati sono proposti per la diffida.

La censura colpiva anche la stampa cattolica:

A gennaio e febbraio 1941 continui sono i sequestri del settimanale cattolico “Libertà” per articoli ritenuti incompatibili con lo spirito della Nazione in guerra.

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Per una più ampia lettura sulle relazioni dei prefetti e dei Questori delle province sarde è possibile consultare il testo sotto indicato, fonte delle citazioni riportate:

  • Cronologia del malessere (1927 – 1941) a cura di Manlio Brigaglia, “L’antifascismo in Sardegna”, di Brigaglia, Mancone, Mattone, Melis.

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I primi combattenti sardi nella guerra civile spagnola

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La guerra in Spagna, e ancor prima la guerra in Etiopia, segnò una svolta nelle condizioni economiche dell’isola agendo da valvola di sfogo alla disoccupazione.
L’arruolamento di volontari, con relativi salari e sussidi alle famiglie, spinse molti sardi a imbarcarsi a Napoli convinti di andare in Africa, per ritrovarsi invece a Cadice come soldati del CTV, il corpo di spedizione italiano in Spagna.
Ogni legionario riceveva 20 lire al giorno, più un’integrazione di 150 lire al mese versata dal governo golpista: basti pensare che in quegli stessi anni i salari dei minatori sardi andavano da 15-18 a 17-23 lire al giorno, quelli degli operai da 10-12 a 14-15.

Ben presto in Spagna si ritrovarono a combattere, gli uni contro gli altri, gli italiani del CTV e gli italiani delle Brigate Internazionali: più disperati e meno motivati quelli di parte fascista, più maturi e decisi quelli che appoggiarono la causa repubblicana, grazie all’esperienza maturata con l’emigrazione e alla consapevolezza di dover combattere il fascismo che li aveva espulsi dall’isola.

Alcuni sardi furono tra i primi ad accorrere in aiuto della Repubblica.
A monte Pelato, nel primo scontro militare tra formazioni delle due parti, dei 9 caduti italiani della colonna Ascaso-Rosselli due erano sardi: Giuseppe Zuddas (nato a Monserrato nel 1898), che morirà in trincea, e Pompeo Franchi (nato a Nuoro nel 1905) che, ferito nella battaglia, perderà la vita pochi giorni dopo nell’ospedale di Lerida.
Zuddas, dirigente della gioventù regionale sardista, era emigrato a Parigi sin dal 1924; dopo l’arrivo di Lussu, che lo avrebbe impiegato per inviare messaggi ai gruppi clandestini in Sardegna, aderì al Comitato Centrale di Giustizia e Libertà e partì per la Spagna al primo appello di Rosselli. Cadde sul campo di guerra il 28 agosto, appena un mese dopo l’Alziamiento dei generali: all’interno del suo portafoglio la tessera del Psd’A.
Franchi, invece, era anarchico. La presenza a Barcellona delle grandi organizzazioni dell’anarchismo iberico attirò gli anarchici sardi dell’emigrazione alla difesa della Repubblica: Franchi, emigrato in Francia nel 1926, arrivò in Spagna nei primi giorni della guerra insieme col fratello, anche lui combattente a Monte Pelato.

Nella stessa colonna Ascaso-Rosselli combattè anche l’anarchico Tommaso Serra (nato a Lanusei nel 1900). Perseguitato da tutte le polizie europee, lascerà la Spagna nell’autunno del 1937, dopo essere stato incarcerato dalla polizia comunista per aver organizzato la commemorazione di Francisco Ascaso.

Non solo anarchici, anche diversi comunisti sardi parteciparono fin dalle prime fasi alla guerra spagnola. Esemplare il caso di Paolo Comida (nato a Ozieri nel 1899), che allo scoppio della rivolta si trovava già a Barcellona per assistere alle Olimpiadi Popolari organizzate dalla Repubblica. Si arruolò immediatamente e cadde a Tardienta il 22 agosto.
Ma ancor prima dei comunisti, che solo più avanti si organizzarono nelle Brigate Internazionali, furono gli anarchici a respingere l’offensiva franchista nelle fasi iniziali della guerra. Fra questi anche tanti sardi come Pasquale Fancello (nato a Dorgali nel 1891) e sua moglie Giovanna Maria Gisellu (nata a Dorgali nel 1893), Pietro Golosio (nato a Mamoiada nel 1904) e suo fratello Domenico Golosio (nato a Mamoiada nel 1910), Giovanni Dettori (nato a Orgosolo nel 1899).
Dettori fu uno degli uomini più rilevanti della colonia sarda a Tunisi: arrestato nel 1931, fu assegnato per tre anni al confino di Ponza e, emigrato in Tunisia, aveva intavolato le comunicazioni tra il nucleo parigino di GL e la Sardegna. Ferito una prima volta, ritornerà al fronte dove verrà colpito a morte, presso Teruel, nel gennaio del 1937.

La morte di Dettori darà vita a un episodio drammatico dell’antifascismo sardo: una lettera che annunciava la sua morte fu letta, con parole commosse, da due amiche nuoresi, Graziella Sechi (moglie di Dino Giacobbe) e l’insegnante Mariangela Maccioni Marchi.
La polizia, informata dell’accaduto, arrestò le due donne che furono poi oggetto di un velenoso commento del giornale fascista “Nuoro Littoria”. Quando Giacobbe sfidò a duello l’autore, questo, essendo il federale, lo fece arrestare.
Sempre più sensibile agli appelli di Lussu, che sosteneva come nell’esercito repubblicano ci fosse bisogno di ufficiali che avessero maturato esperienza di guerra, poco dopo la liberazione della moglie espatriò clandestinamente, raggiunse dalla Corsica Parigi e poi Albacete. Qui comandò, nelle fasi finali della guerra, una batteria di artiglieria intitolata a Carlo Rosselli, con la bandiera rossa a fare da sfondo ai Quattro mori.

Mariangela Maccioni non solo venne arrestata, ma fu anche sospesa dall’insegnamento. Fu l’unica tra gli insegnanti sardi ad aver subito una misura così drastica, probabilmente perchè il regime voleva impaurire il combattivo antifascismo nuorese o forse perchè in questo modo si colpiva il prestigio della Maccioni, attorniata da amicizie “pericolose”, come la sardista Marianna Bussalay, nata a Orani nel 1904, più volte inquisita dalla polizia fascista.

Raccolse l’invito di Lussu anche un altro sardo, il cagliaritano Cornelio Martis, nato a Guspini nel 1905. Anch’egli espatriò clandestinamente passando per Tunisi e raggiungendo Parigi. Dopo la battaglia dell’Ebro, quando nell’esercito repubblicano si scatenò il sospetto stalinista della “quinta colonna”, fu giustiziato da un commissario politico del suo battaglione.

Anche Velio Spano, incaricato prima della propaganda da Radio Barcellona e poi da Radio Milano Libertà, arrivò al fronte e combattè sullo Jarama.

Lussu si recò in Spagna nel giugno del 1937, per rendersi conto delle reali possibilità di dar vita alla “Legione Italiana”. Dopo alcuni giorni, però, venne informato della morte dei fratelli Rosselli e si precipitò a Parigi per assumere la direzione di GL.

Ma quanti furono i caduti sardi che combatterono nella guerra di Spagna?
La Sardegna, che aveva il 2,4% della popolazione nazionale, contò 219 vittime, 149 nell’esercito e 70 nella Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale, che rappresentavano l’8,3% dei caduti italiani del Corpo Truppe Volontarie e il 4% di quelli della Milizia.
Sul fronte repubblicano, i circa 20 caduti sono oltre il 3% dei circa 600 caduti fra i combattenti per la libertà della Spagna.

In Africa i caduti sardi erano stati soltanto 94.

Come si spiega questo dato? Perchè tanti sardi decisero di combattere in Spagna?
Per i “volontari” fascisti potrebbe aver influito la problematica condizione economico-sociale dell’isola; per i volontari antifascisti le difficoltà della vita dell’emigrazione, oppure la forza di attrazione di alcune figure leggendarie come Lussu.

Di certo, fin da allora fu possibile intuire la natura dell’antifascismo sardo: il carattere popolare, per molti versi istintivo, nutrito da una forte carica etica che portò ad una spontanea radicalizzazione nei confronti del potere istituzionalizzato.


Per approfondire l’argomento si consiglia la lettura:

  • “L’antifascismo in Sardegna”, a cura di Manlio Brigaglia, Francesco Manconi, Antonello Mattone e Guido Melis.

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Antifascisti sardi nella guerra civile spagnola -1-

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Tra il 1936 e il 1939 la Spagna fu teatro di una sanguinosa guerra civile che, caricandosi di un importante significato ideologico, diventò ben presto uno scontro tra democrazia e fascismo. Numerosi furono gli antifascisti che da tutto il mondo arrivarono in Spagna per sostenere i propri ideali, molti provenivano dalla Sardegna.

Dopo la fine della dittatura di Primo de Rivera e la caduta della monarchia, la Spagna aveva vissuto una forte instabilità economica e sociale, che aveva visto succedersi un fallito colpo di Stato militare e una insurrezione anarchica sanguinosamente repressa.
Quando, nel 1936, le sinistre unite nel Fronte Popolare (comunisti, socialisti e repubblicani schierati assieme per la prima volta) vinsero le elezioni e salirono al governo, la tensione esplose.
Le masse proletarie vittoriose si scagliarono contro i grandi proprietari e il clero cattolico, mentre la vecchia classe dominante reagì dando sfogo alla violenza squadristica della Falange (organizzazione fascista) e tentando un nuovo colpo di Stato per mano militare.
Iniziata nel luglio del 1936, la ribellione ebbe il suo punto di forza nelle truppe coloniani di stanza nel Marocco spagnolo, guidate dal generale Francisco Franco.
A modificare lo stato della situazione che inizialmente vide in vantaggio il governo repubblicano, fu il comportamento delle potenze europee. Mussolini aiutò i franchisti inviando almeno 50.000 volontari (in realtà reparti regolari) e ingente materiale bellico, mentre Hitler potè sperimentare l’aviazione tedesca contro gli obiettivi del governo.
Nessun aiuto arrivò alla Repubblica dalle potenze democratiche.
L’unico sostegno ai repubblicani venne dall’Unione Sovietica che non solo fornì materiale bellico, ma favorì la promozione di Brigate Internazionali: reparti di volontari composti da comunisti ma aperti ad antifascisti di tutte le tendenze e di tutto il mondo (ricordiamo la partecipazione dell’americano Hemingway e dell’inglese Orwell).
Molto numerosi furono gli italiani e i tedeschi che trovarono nella guerra l’occasione per combattere quella battaglia che ancora non potevano affrontare in patria. “Oggi in Spagna, domani in Italia” fu lo slogan degli antifascisti italiani presenti soprattutto nella Brigata Garibaldi.

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Discorso pronunciato da Carlo Rosselli alla radio di Barcellona il 13 novembre 1936

Compagni, fratelli, italiani, ascoltate.
Un volontario italiano vi parla dalla Radio di Barcellona per portarvi il saluto delle migliaia di antifascisti italiani esuli che si battono nelle file dell’armata rivoluzionaria.
Una colonna italiana combatte da tre mesi sul fronte di Aragona. Undici morti, venti feriti, la stima dei compagni spagnuoli : ecco la testimonianza del suo sacrificio.
Una seconda colonna italiana, formatasi in questi giorni, difende eroicamente Madrid. In tutti i reparti si trovano volontari italiani, uomini che avendo perduto la libertà nella propria terra, cominciano col riconquistarla in Ispagna, fucile alla mano.
Giornalmente arrivano volontari italiani: dalla Francia, dal Belgio, dalla Svizzera, dalle lontane Americhe. Dovunque sono comunità italiane, si formano comitati per la Spagna proletaria. Anche dall’Italia oppressa partono volontari. 
Nelle nostre file contiamo a decine i compagni che, a prezzo di mille pericoli, hanno varcato clandestinamente la frontiera. Accanto ai veterani dell’antifascismo lottano i Giovanissimi che hanno abbandonato l’università, la fabbrica e perfino la caserma. Hanno disertato la guerra borghese per partecipare alla guerra rivoluzionaria. […] Sappiamo che le dittature passano e che i popoli restano. La Spagna ce ne fornisce la palpitante riprova. Nessuno parla più di de Rivera. Nessuno parlerà più domani di Mussolini. E’ come nel Risorgimento, nell’epoca più buia, quando quasi nessuno osava sperare, dall’estero vennero l’esempio e l’incitamento, cosi oggi noi siamo convinti che da questo sforzo modesto, ma virile dei volontari italiani, troverà alimento domani una possente volontà di riscatto.
E’ con questa speranza segreta che siamo accorsi in Ispagna.
Oggi qui, domani in Italia.

Tanti i sardi che risposero a questo appello. Molti non sono tutt’ora conosciuti, altri dopo il conflitto preferirono rimanere nell’anonimato, di alcuni si hanno avuto notizie solo recentemente, come il caso di un antifascista di Villaputzu.
Questi i volontari di cui si hanno maggiori informazioni:

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Per la provincia di Cagliari:

ALEDDA ANTONIO -Villaputzu-
ARRIU ANTONIO -Gussilis ?-
CONGIU FRANCESCO – Ballao-
CONI EFISIO -Terralba-
CORDA ERNESTO -Selargius-
DEGIOANNIS ANTONIO -Cagliari-
DESSI SISINNIO -Monserrato- caduto in guerra
FANNI ERMINIO -Cagliari- caduto in guerra
FRAU GIUSEPPE -Quartu S.Elena-
LUSSO RAFFAELE -Villasalto-
LUSSU EMILIO -Armungia-
MARTIS CORNELIO -Guspini- caduto in guerra
MARTIS GIUSEPPE -Terralba-
MASSESSI GIOVANNICO -Villaputzu- caduto in guerra
MELIS ANTONIO -San Basilio-
MOCCI SISINNO -Villacidro-
MORI BENEDETTO -Fluminimaggiore-
MULLIRI OLINDO -Cagliari-
MURA EMANUELE -San Vito-
NIOI RAIMONDI -Assemini-
ORTU FRANCESCO -Iglesias-
PERRA ANGELO -Quartu S.Elena-
PULIGA ANTONIO -San Vito-
SANNA BERTORIO -Serrenti- caduto in guerra
SECCI GIOVANNI -San Vito-
SERPI GIOVANNI -Serrenti-
SESTU EUGENIO -San Vito-
SPANO VELIO -Teulada-
TROSSERO MARIO -Guspini-
ZUDDAS GIUSEPPE -Monserrato- caduto in guerra
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Per la provincia di Nuoro:
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BERRINA GIOVANNI -Mamoiada-
BRAU STEFANO -Oniferi-
BURRAI FRANCESCO -Bitti-
CARIA GIOVANNI -Jerzu-
CASULA SALVATORE -Desulo-
CONGIU TOMMASO -Escalaplano- caduto in guerra
DEIANA ANTONIO -Tertenia-
DETTORI GIOVANNI -Orgosolo- caduto in guerra
DORE ETTORE -Olzai-
FRANCHI FERDINANDO -Nuoro-
FRANCHI POMPEO -Nuoro- caduto in guerra
GIACOBBE FELICE -Dorgali-
GOLOSIO DOMENICO -Mamoiada-
GOLOSIO PIETRO -Mamoiada-
LECIS AGOSTINO -Esterzili-
MARCELLO SALVATORE -Sarule-
MELIS PAOLO -Gairo-
MORO SALVATORE -Lula-
PISANO VITTORIO -Gairo-
PORCHERI GIUSEPPE -Nuoro-
PUDDU ANGELO -Gairo-
PUDDU EMILIO -Villagrande-
PUDDU ENRICO -Gairo-
PUDDU RAFFAELE -Gairo- caduto in guerra
PUGGIONI ANTONIO -Orotelli-
DEROSAS BACHISIO -Cuglieri-
SANNA ANTONIO -Meana Sardo- caduto in guerra
SERRA FABIO -Dorgali-
SERRA TOMMASO -Lanusei-
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Per la provincia di Oristano:
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PIRAS POLANO MARIA -Oristano-
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Per la provincia di Sassari:
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BIANCU FRANCESCO -Ozieri-
BIFFA SERAFINO -Bono-
BRUNDU ANTONIO -Ozieri-
CANU QUIRICO -Buddusò- caduto in guerra
CARIA GIOVANNI AMEDEO -Sassari-
COMIDA PAOLO -Ozieri- caduto in guerra
COROSU GIOVANNI -Ozieri-
CORUSO GIOVANNI -Ozieri-
COSSU ANTONIO -La Maddalena-
DAPELLO GIOVANNI -Alghero-
DE CREO ANTONIO -Pozzomaggiore-
DEIANA PIETRO -Terranova Pausania (Olbia)-
FANAL FRANCESCO -Sassari-
FARA MASSIMO -Sassari-
FERINU FRANCESCO -Ozieri-
FRAGHI ANTONIO -Ozieri-
JACOD ENRICO -Sassari-
LUPINO SALVATORE -Ittiri-
MARIANI ANTONIO -Mara-
MELIS LUCIO -Sassari- caduto in guerra
MUDADU BENIAMINO -Sorso- caduto in guerra
NUVOLI GIANMARIA -Sargo?-caduto in guerra
PIRAS GIOVANNI -Nulvi-
PUGGIONI GIOVANNI MARIA -Sorso- caduto in guerra
SALE PIETRINO -Mara-
SANTANDREA PAOLO -La Maddalena- caduto in guerra
SCANO ANDREA -S. Teresa di Gallura-
SERRA DOMENICO -S. Teresa di Gallura-
SIMULA LORENZO -Ittiri-
SOLINAS ANTONIO -Nughedu S. Nicolò-
VIRGILIO GIOVANNI -Cossoine-
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Pochi monumenti ricordano le gesta di questi combattenti.
Eppure il loro contributo fu importantissimo. Terminato il conflitto, quasi tutti questi volontari continueranno la loro lotta al fascismo, diventeranno comandanti e dirigenti politici negli anni della Resistenza Italiana. La guerra civile spagnola, benchè abbia visto la vittoria finale dei franchisti, ha permesso di creare quell’importante unità antifascista che, espressa nella Resistenza, porterà al trionfo della democrazia.
 
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Elenco dei nomi tratto da:
“La Spagna nel nostro cuore”, edito a cura dell’AICVAS, Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna.
 
 
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